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Mestruazioni e gravidanza sotto le bombe di Israele

Avere le mestruazioni o essere incinta ti mettono in pericolo di vita a Gaza

NdT: l’articolo risale a dicembre, per cui i dati riportati non sono aggiornati, ma fotografano la situazione di circa due mesi fa, che purtroppo è meno grave di quella attuale.

«La prima cosa a cui ho pensato appena è iniziata la guerra, è stato fare incetta di assorbenti igienici».

Ebbene sì, in una città devastata dalla guerra, ancora prima del cibo, questa donna palestinese di Gaza ha pensato di fare scorta di prodotti per le mestruazioni. Ha dichiarato al giornale online Middle East Eye (MEE) che avere le mestruazioni durante la guerra è un “incubo”; un’altra ha dichiarato che le sue ultime mestruazioni sono state particolarmente difficili per il fatto di non avere più una casa e vivere solo con uno zaino.

Lo sradicamento di 2 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra il 7 ottobre ha reso la vita difficile a tantissime donne che vivevano nella città: procurarsi prodotti per l’igiene intima mestruale è diventata una questione da risolvere con l’acqua alla gola. Secondo un rapporto pubblicato dal MEE, al posto di assorbenti e tamponi vengono utilizzati fazzoletti o strati di mutande indossati uno sopra l’altro. Un altro media riporta l’utilizzo di pillole di noretisterone, un progestinico utilizzato, tra le varie cose, per ritardare il ciclo mestruale.

Il medicinale viene prescritto per contrastare un flusso eccessivo in genere causato da endometriosi; lə espertə affermano che l’uso di queste pillole può causare, tra gli effetti collaterali, sanguinamento, nausea e giramenti di testa. A quanto pare, in tempo di guerra, le donne non hanno “diritto di scelta”.

Se gli assorbenti sono al momento un “lusso” per le donne palestinesi, i media assicurano che i medicinali per ritardare le mestruazioni restano disponibili, anche per la scarsa richiesta. Fatto sta, che l’assedio totale imposto da Israele comporta una ridotta capacità di accesso alle cure sanitarie e impedisce il rifornimento di medicinali nelle farmacie di Gaza. Probabilmente questo significa che il noretisterone diventerà la soluzione al problema mestruale. E per quello che riguarda le madri?

«Bisogna avere molta inventiva in circostanze d’emergenza, perché, in genere, abbiamo più pazienti che risorse in queste situazioni.»

Queste parole ci riportano alle mente le numerose morti avvenute durante la disastrosa pandemia di COVID-19, quando il mondo intero aveva un accesso limitato alle cure e assisteva a un bagno di sangue continuo. The Washington Post riporta le osservazioni sulle gravi condizioni mediche a Gaza fatte da Lindsey Ryan Martin, la direttrice del Global Disaster Respond and Humanitarian Action del Massachussetts.

Le statistiche risalenti al 1° novembre 2023 ci raccontano che, a causa dell’evacuazione dei civili a sud della Striscia, delle oltre 50.000 donne incinte, 5.500 avrebbero dovuto partorire a novembre. La BBC afferma che sono previsti almeno 180 parti al giorno. Mentre nel nuovo millennio dati e notizie falsi continuano a essere fabbricati ad hoc per nasconderci la verità, fonti internazionali credibili come Al-Jazeera riportano che le donne palestinesi sono costrette ad affrontare il parto cesareo senza il “privilegio” dell’anestesia.

L’anestesia è la somministrazione di un medicinale che aiuta le pazienti a controllare il dolore o a perdere temporaneamente la sensibilità per ragioni mediche. La sostanza in questione agisce come un catalizzatore per creare intorpidimento dall’altezza dell’ombelico alla parte superiore delle gambe. In caso di anestesia per la gravidanza, questa consente alle madri di restare sveglie durante tutto il processo del parto e di sentire la pressione nella seconda fase del travaglio. «C’è una scarsità di antidolorifici; e ə dottorə li somministrano solo alle donne incinte che non riescono proprio a sopportare il dolore», racconta una ragazza ventiquattrenne che ha partorito senza antidolorifici. E questa è solo una delle tante storie.

Migliaia di donne incinte ed esauste, sono fuggite dalle loro abitazioni nel nord di Gaza fino al sud per salvarsi, salvare le loro famiglie, e ə bambinə che portano in grembo. Secondo la Palestinian Family Planning and Protection Association, l’associazione no-profit di assistenza sanitaria e sostenitrice dei diritti sessuali e riproduttivi, più di 37.000 donne della Striscia saranno costrette a partorire nei prossimo mesi senza accesso alle cure mediche e all’elettricità.

«Sono molto preoccupata per il mio bambino e di assistere ad un aborto» dichiara una giovane madre che teme di perdere il figlio in questa carneficina. Il direttore del più grande ospedale di Gaza, Al-Shifa, ha dichiarato in un report che un gran numero di donne ha avuto aborti e ha partorito bambini morti a causa del suono continuo dei bombardamenti.

Inoltre, i posti di blocco in una città già provata dalla guerra hanno aumentato il tempo necessario a raggiungere l’ospedale, cosa che mette ancor più in pericolo la vita delle madri palestinesi. Stando a quanto riportato, una donna ha subito un’operazione chirurgica dopo che aveva tentato, barcollando, di raggiungere un ospedale per oltre due ore. Fatto sta che ə dottorə sono riuscitə a salvarla. Ma quante donne vengono salvate dal personale medico? Non abbiamo ancora dati certi; ad oggi conosciamo solo il numero di quante stanno vivendo disagi: «L’ospedale che avevo scelto per partorire è stato bombardato: ho dovuto farlo altrove».

Circa 1 milione e 100mila palestinesi residenti a Gaza hanno dovuto evacuare le loro case in meno di 24 ore quando Israele ha dichiarato che il nord della Striscia non era più sicuro e che le persone dovevano abbandonarlo il prima possibile. Il Time riporta che l’accesso ai bagni è diventato il problema principale per le mamme e le future mamme in aree come Khan Younis. Migliaia di persone, donne incluse, sono obbligate a usare un bagno alla volta, il che sta portando a una rapida diffusione di infezioni. Il report afferma che ci sono file di quasi due ore per poter usare un solo bagno.

Un altro report redatto dal MEE dichiara che una media di 160 civili stanno vivendo negli edifici delle scuole Unrwa e hanno a disposizione un solo bagno con solo una doccia per 700 persone. I medici affermano che questo contesto di mancanza di igiene, dovuto alla guerra in corso, sarà responsabile di patologie a livello vaginale; in particolare, a infezioni del tratto urinario.

Migliaia di donne, giovani ragazze, donne incinte e ragazze che hanno avuto la loro prima mestruazione senza poter usare i tamponi, si stanno rifugiando in massa nei ghetti, nelle scuole delle Nazioni Unite ormai contaminate, e in spazi sovraffollati pieni di familiari e parenti, in un contesto di mancanza totale di privacy.

La ragazzina di 15 anni che sta avendo la sua prima mestruazione a Gaza non ha accesso a un posto sicuro per poter parlare con la propria madre o con qualsiasi persona di fiducia per cercare aiuto da qualcuno che ne capisca di mestruazioni. Questa ragazzina non ha il diritto di avere una coppetta mestruale o degli assorbenti, tantomeno quello di parlarne. Inoltre, è costretta a dormire nella stessa coperta e a usare lo stesso bagno utilizzato da altre 160 persone.

Il che ci porta a porci la domanda: perché le donne palestinesi non hanno diritto all’igiene e alla privacy?

La versione originale dell’articolo è disponibile qui, sulla rivista on-line Feminism in India.

Traduzione a cura di: <a href="https://www.ilfemminismotradotto.it/author/clarice/" target="_self">Clarice Santucci</a>

Traduzione a cura di: Clarice Santucci

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