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The Conversation

L’inquietante storia dello speculum

Discussione su uno strumento che incarna i tabù relativi alla sessualità femminile e che si accompagna a pratiche di violenza ostetrica

14th, 15th and 16th-century specula. wikicommons/Wellcome TrustCC BY-SA

La salute delle persone con utero è in crisi. Un po’ ovunque, le liste d’attesa di ginecologia si allungano o addirittura raggiungono livelli record.

Inoltre, anche quando lə paziente riesce a rivolgersi a uno specialista, vengono riportate testimonianze terrificanti di quella che la Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa definisce “violenza ostetrica”. Il termine non include solamente l’esecuzione di procedure diagnostiche senza un adeguato controllo del dolore, ma anche la mancanza di compassione per lə paziente. Queste notizie sono scioccanti, ma forse non sorprendono se si considera quanto poco siano cambiati alcuni aspetti della medicina femminile in centinaia di anni e la spiacevole storia che si portano dietro.

Quando finalmente si arriva all’appuntamento con lə specialista, la visita viene abitualmente fatta con uno speculum, un dispositivo in uso sin dall’antica Roma. È costituito da due o tre “valve” che vengono aperte una volta all’interno del corpo per consentire una visione ottimale.

Lo speculum è solitamente in metallo, quindi è freddo, a meno che non venga riscaldato in precedenza. Un gruppo di donne, designer e ingegnere, sta ora lavorando a un nuovo progetto. Lo Yona ha una superficie in silicone e un aspetto molto meno minaccioso. Si tratta di uno sviluppo importante per l’assistenza sanitaria alle persone con utero, dato che lo speculum vaginale è rimasto sostanzialmente invariato dal XIX secolo.

Ma più che i rumori metallici e la freddezza, è l’invasività di questo oggetto ad essere al centro della sua orribile storia. Infatti, nella Gran Bretagna del XIX secolo, all’epoca in cui tre leggi cercavano di arginare le malattie sessualmente trasmissibili (perché si pensava fossero una minaccia per la salute dell’esercito e della marina), qualsiasi donna sospettata di essere una prostituta poteva essere sottoposta a un esame forzato con lo speculum.

L’attivista Josephine Butler definì tale esame uno «stupro a tutti gli effetti». Anche solo un primo accenno di malattia faceva sì che la donna venisse rinchiusa in strutture note come “lock hospital”, specializzate nel trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, fino alla scomparsa dei sintomi.

Il mito della verginità

In passato, quando il concetto di verginità era ancora saldamente legato all’idea di una membrana chiamata imene, si aveva paura dello speculum perché si pensava potesse rompere l’imene e porre fine alla verginità. Questo avrebbe danneggiato la “purezza” della donna e avrebbe reso impossibile maritarla.

See page for author, CC BY 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by/4.0, via Wikimedia Commons

Sebbene, almeno nella società occidentale, queste idee non siano più largamente condivise, le valutazioni sulla misura dello speculum da usare (sì, ce ne sono di diverse dimensioni) fanno ancora riferimento all’attività sessuale.

Sarah Walser, medico specializzando presso il Johns Hopkins Hospital negli Stati Uniti, è rimasta scioccata nello scoprire, durante la sua formazione clinica, che i nomi “speculum verginale” e “speculum extraverginale” venivano utilizzati per le misure più piccole. Come sostiene la Walser, queste etichette presuppongono che «l’unica attività sessuale che conta [sia] la penetrazione eteronormativa pene-vagina».

Il timore di rompere l’imene frena ancora oggi le persone con la vagina nel sottoporsi a importanti esami ginecologici di routine, come il Pap test per individuare cellule anomale nella cervice. I siti di divulgazione medico-scientifica cercano di fugare questi timori, ma l’imene, anche quando esiste (alcune donne nascono con poco tessuto imenale o senza imene affatto), varia enormemente nella sua flessibilità.

Infatti, negli anni ’80 dell’800, si scoprì che una ragazza di 19 anni, ricoverata in ospedale perché non aveva le mestruazioni, possedeva un imene così flessibile che «uno speculum Fergusson di medie dimensioni (un pollice) è stato ripetutamente introdotto, a scopo esplorativo, senza intaccare minimamente la sua integrità».

Si tratta di una storia inquietante perché l’uso della parola “ripetutamente” suggerisce che questa giovane donna potrebbe essere stata esaminata più e più volte a scopo dimostrativo. Tuttavia, già all’epoca era noto che lo speculum potesse causare dolore pizzicando le pareti della vagina (e questo accade ancora oggi).

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Invasivo e doloroso

Già nel V secolo, nella sua opera La città di Dio, l’influente teologo Sant’Agostino sosteneva che la purezza riguardava l’anima, non il corpo. A quel tempo, sembra che le levatrici fossero solite controllare la presenza dell’imene. Agostino commentò:

Supponiamo che un’ostetrica abbia distrutto (per dolo, per sbaglio, o per poca abilità) la verginità di una ragazza nel tentativo di accertarla: suppongo che nessuno sia così sciocco da credere che, con questa distruzione dell’integrità di un organo, la vergine abbia perso qualcosa anche della sua santità corporea.

Agostino richiama qui la nostra attenzione sul paradosso della verginità: la sua ricerca può essere proprio ciò che lo distrugge.

Anche quegli anatomisti e storici del passato, come Thomas Bartholin e suo padre Caspar, che insistevano sul fatto che l’imene fosse reale e che fosse una prova della verginità, si resero conto di quanto fosse facile romperlo. Nel loro testo del 1668, Anatomia Bartholiniana, ammisero che una vergine poteva romperlo con le dita o con qualcos’altro e suggerirono che esisteva la possibilità di mantenerlo intatto anche a seguito di rapporti vaginali.

Il corpo delle donne ha sempre avuto un significato molto più ampio della sua mera anatomia. Viene usato per parlare di moralità e purezza. E anche se, per la maggior parte di coloro che oggi si rivolgono a uno specialista, l’imene non è più così rilevante, lo speculum rimane un oggetto invasivo e doloroso. Pertanto, esso si presenta sì come un utile mezzo diagnostico ma al contempo minaccia la nostra salute.

L’articolo, tradotto per noi da Chiara Bertoldo, è stato scritto per The Conversation da Helen King. Potete trovare la versione originale qui.

Traduzione a cura di: <a href="https://www.ilfemminismotradotto.it/author/admin/" target="_self">Il Femminismo Tradotto</a>

Traduzione a cura di: Il Femminismo Tradotto

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