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Il prezzo del fast fashion

L’industria tessile sfrutta le lavoratrici e distrugge l’ambiente

Vi siete mai chiestǝ  come mai al giorno d’oggi i vestiti sono talmente economici che ve li tirano dietro per solo qualche centinaio di dollari? Oppure perché le tendenze di moda cambiano di stagione in stagione? Bene, ecco a voi il mondo del fast fashion dove i vestiti sono fatti per essere economici, di bassa qualità e facilmente sostituibili in modo da soddisfare  i trend della moda in continuo cambiamento. In poche parole, il fast fashion è progettato per poter essere rimpiazzato velocemente. 

Il fast fashion è principalmente caratterizzato da sfilate, collezioni prêt-à-porter e negozi online. Ci fa credere di poter essere sempre alla moda e di poter indossare gli stessi capi delle celebrità, spendendo poco e stando sulla vetta dei grafici di tendenza. Tuttavia, ogni cosa ha il suo prezzo e questo prezzo è pagato in sostanza dai lavoratori tessili, principalmente donne, ma ha anche un impatto sulla salute mentale dei consumatori e delle consumatrici (spesso giovani) e sull’ambiente.

«Se un top costa 500 rupie (6,09 euro), allora immagina quanto ne ricava il rivenditore e quanto ne lascia al produttore, alla persona che l’ha cucito e alle altre che fanno parte della catena di approvvigionamento?» si domanda Aanchal Bansal, CEO e direttrice creativa di Redo World, una marca di moda sostenibile. «Il fast fashion è per la sua stessa natura un metodo di sfruttamento ed è arrivato il momento di rendersi conto di chi ne sta pagando il vero prezzo».

In che cosa consiste?

Le donne provenienti dai paesi in via di sviluppo costituiscono almeno l’85% della forza lavoro dell’industria tessile. Lavorano in condizioni pericolose per la loro salute , guadagnano poco e lavorano per molte ore, subiscono molestie sessuali e alcune di loro sono persino morte, com’è successo nel 2013 a causa del crollo del Rana Plaza in Bangladesh, un episodio che ha dato uno sguardo lucido e disilluso sull’industria della moda globale.

Secondo l’organizzazione Hesperian Health Guides, queste condizioni lavorative disumane e pericolose hanno un impatto dannoso anche sulla salute riproduttiva e materna delle donne, e causerebbero aborti, problemi mestruali, danni al feto e anemia, danni agli organi riproduttivi e difetti di nascita. Ad esempio, uno studio della Thomson Reuters Foundation, svoltosi in India, ha rilevato che alle lavoratrici dell’industria tessile di Chennai venivano forniti illegalmente dei medicinali per alleviare i dolori mestruali. Si è scoperto che tutte coloro che ricevevano queste pillole sviluppavano importanti effetti collaterali . «Metà del mio stipendio (6000 rupie, 53,72 euro) veniva utilizzato per saldare il mutuo e un’altra parte consistente per andare dal dottore», commenta Sudha alla fondazione Reuters. «Diventò un circolo vizioso dal quale non riuscivo a uscire, e nonostante le mie condizioni di salute peggiorassero, dovevo continuare a lavorare per pagarmi le spese».

Il fast fashion è sostanzialmente un prodotto del consumismo e del capitalismo, che si alimenta del desiderio delle persone di acquistare capi non necessari. «Non ti serve davvero, ma senti l’obbligo di comprarlo» afferma Amena Azeez, influencer e blogger che si occupa di body positivity. Il fast fashion alimenta questo bisogno nella mente delle persone vendendogli l’idea del «Non ripetere». Le persone più giovani sfogliano riviste di moda, guardano le sfilate e desiderano ciò che viene indossato dalə modellə. Loro ovviamente non possono permettersi quei capi di alta moda e finiscono quindi per acquistarne ripetutamente la versione più scadente.

L’ansia crescente, le questioni legate all’immagine del corpo e gli stili di vita costosi sono la causa di gravi problemi di salute mentale per le persone giovani. «La moda è diventata un’ossessione per lǝ giovani adulti della generazione Z. Non che ci sia qualcosa di sbagliato, ma i brand produttori di fast fashion contribuiscono a promuovere una certa immagine del corpo e un certo stile di vita. Nulla è mai abbastanza», dice Afreen Akhtar, poetessa, scrittrice e fondatrice di Ismat store, un negozio online dell’usato.

La pressione che spinge a rimanere aggiornati con le tendenze della moda, a possedere, ad esempio, quel vestito firmato che l’attrice indiana Deepika Padukone ha indossato l’ultima volta e ad apparire migliore dei propri pari può essere la causa di episodi depressivi e può rendere difficile  tenersi al passo  coi tempi. «Ho visto delle ragazze restare in piedi per ore durante i saldi di Forever 21, Zara, H&M. Si è arrivati ad un punto in cui non è più divertente, spassoso o figo. Questo meccanismo le sta influenzando e loro non ne sono consapevoli», afferma Afreen.

Il fast fashion non rappresenta una minaccia solamente per le lavoratrici e le persone giovani, ma anche per l’ambiente che ci circonda. Secondo uno studio del UN Environment Program, l’industria dell’abbigliamento produce il 20% delle acque di scarico mondiali e il 10% delle emissioni di carbonio globali: più di quanto producano tutti i voli internazionali e le spedizioni marittime messi insieme. La tintura dei tessuti rappresenta la seconda maggiore causa di inquinamento dell’ acqua a livello globale, infatti, ci vogliono circa 7571 litri di acqua per creare un comune paio di jeans. Inoltre, ogni anno il lavaggio dei vestiti rilascia nel mare mezzo milione di tonnellate di microfibre. 

Quindi che cosa possiamo fare?

«Investire, investire, investire», afferma Amena. «Bisogna investire in capi che possono essere indossati più volte e che sono semplici da stratificare, combinare e abbinare». Se stai comprando un paio di jeans, investi in qualcosa che sia prodotto con tessuti naturali e biologici e che durerà più a lungo, invece di qualcosa che è stato creato con diversi materiali e che non durerà più di dieci lavaggi. In alternativa, puoi provare a cucire i tuoi vestiti in modo da ridurre automaticamente gli sprechi e creare qualcosa con le tue stesse mani.

Inoltre, se le persone venissero a conoscenza degli effetti dannosi del fast fashion sugli esseri umani e sull’ambiente, sarebbero spinte a compiere piccoli passi verso il cambiamento. Riutilizzare e riproporre vestiti usati, venderli e scambiarli sono solo alcune delle opzioni disponibili.

«Negozi dell’usato, prestiti, scambi e negozi vintage sembrano essere la giusta strada da seguire per poter andare avanti. Questo aiuterà le persone a trovare degli articoli senza contribuire alla catena di sprechi» afferma Rupa A Kudwalli, co-fondatrice di The Thrift Shop, un negozio online dell’usato con sede a Bangalore.

Negli ultimi anni, l’India ha constatato un aumento di negozi online dell’usato. Nonostante i negozi dell’usato e vintage siano di moda in Occidente, in India questa tendenza sta lentamente prendendo piede e sono le persone giovani che stanno aprendo la strada. Questi negozi vendono di tutto: sari, vestiti occidentali, abiti da cerimonia, scarpe, gioielli e borse. Ismat store, The Thrift Shop, The Salvage Story e Collections Reloved sono solo alcuni di quelli che ci vengono in mente.

La necessità di promuovere lo slow fashion è il bisogno del momento per i vari brand. Un approccio più umano potrebbe aiutarli a mettersi in contatto con la loro clientela in modo da comprendere al meglio i loro bisogni. I brand dovrebbero smetterla di promuovere la cultura dell’accumulo e focalizzarsi invece sul consumo etico e locale. Chi acquista vuole che le aziende siano trasparenti su risorse,  prezzi, commercio sostenibile e  come i loro prodotti impattano l’ambiente. Come afferma Rupa, «La trasparenza è la chiave. Gli organismi regolatori devono imporre controlli indipendenti sulle pratiche etiche».

Inoltre, lo slow fashion deve anche essere body positive. «Bisogna partire dall’inclusione di tutte le taglie», afferma Amena. Fino a quando alcune persone verranno escluse, si rivolgeranno al fast fashion. Il fast fashion si è rivelato una vera manna perché proponeva taglie inclusive. Se le aziende vogliono rivoluzionare il modo in cui le persone si rivolgono alla moda, è necessario un completo cambiamento di prospettiva e la promozione di tutti i tipi di corpi.

Oggi  le persone più giovani si stanno svegliando e stanno rispondendo alla nuova ondata di moda sostenibile. I brand devono rimanere al passo o rischieranno di diventare irrilevanti.

Questo articolo è stato scritto da Japleen Pasricha e pubblicato su Feminism In India. Potete leggere la versione originale in inglese qui. La traduzione è a cura di Anna Meggiolan.

Traduzione a cura di: <a href="https://www.ilfemminismotradotto.it/author/admin/" target="_self">Il Femminismo Tradotto</a>

Traduzione a cura di: Il Femminismo Tradotto

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