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Essere madre ai tempi del covid

Il reddito di base universale come giusta misura per aiutare le famiglie in difficoltà

Negli Stati Uniti, mentre il Congresso si occupa della crisi economica, la crisi silenziosa che si sta vivendo in molte case americane viene per lo più ignorata. In teoria, tutti i genitori con bambini piccoli si vedono ora costretti ad andare avanti senza poter contare sull’aiuto di scuola e asilo. Ma nella pratica, il peso più grande lo portano le madri, specialmente quelle single, che devono affrontare una scelta pressoché impossibile fra occuparsi della propria prole e arrivare a fine mese.

Nonostante siano stati fatti alcuni progressi nel campo della parità di genere, nelle coppie eterosessuali sono ancora principalmente le madri le responsabili della cura dei figli. La maggior parte di loro, anche quelle con neonati e bambini piccoli, ha un lavoro, ciò nonostante è sempre alle donne che spettano quasi tutte le responsabilità genitoriali. Non solo sbrigano fisicamente le faccende che riguardano la cura dei figli ma devono anche occuparsi dell’aspetto organizzativo: assicurarsi che i bambini abbiano sempre chi si occupa di loro e, quando non è possibile contare su un aiuto, intervenire personalmente. Quando la babysitter è malata, l’asilo nido è chiuso, o ci sono le vacanze estive sono per lo più le madri che si devono occupare di cercare delle alternative o sacrificare il proprio lavoro e rimanere a casa.
Queste dinamiche persistono anche nel caso in cui sia la madre che il padre lavorino a tempo pieno. Le donne si fanno anche carico della cura dei familiari più anziani e delle persone malate, incluse le vittime di Covid-19.

Speriamo che la pandemia aiuti a distribuire equamente le responsabilità fra i genitori, almeno nelle famiglie in cui sono presenti entrambi. Con sia la mamma che il papà a casa ventiquattr’ore su ventiquattro sette giorni su sette, magari si riuscirà a trovare un compromesso verso una distribuzione dei compiti più equa. Ma questo scenario roseo deve fare i conti col fatto che le donne sposate con figli tendono ad avere uno stipendio più basso e ruoli lavorativi meno prestigiosi rispetto ai mariti. Anche con le migliori intenzioni, le coppie potrebbero scoprire che la minaccia economica provocata dalla pandemia ha esacerbato le dinamiche personali, professionali e sociali che portano a dare la priorità al lavoro del padre rispetto a quello della madre.

Nel saggio pubblicato sulla rivista Slate, Emily Gould ci spiega perché queste decisioni sembrano razionali e addirittura necessarie in tempo di crisi: «La nostra stabilità familiare dipende dal lavoro di mio marito. Se lui riuscirà a mantenere il livello di produttività richiesto riuscirà anche a tenersi il suo lavoro. Se il tempo a disposizione ci costringe a scegliere chi dei due possa lavorare, non ha senso che quella persona sia io.»

L’impatto della pandemia si fa sentire pesantemente sulle spalle delle otto milioni di madri che stanno crescendo da sole i loro figli. Le madri single tendono ad avere stipendi bassi e un accesso limitato a benefit come l’assicurazione sanitaria e la pensione. Allo stesso tempo la responsabilità dei figli ricade pressoché interamente su di loro. Molte hanno un supporto finanziario inadeguato o addirittura inesistente dal padre. 

Le madri single devono quindi affrontare ora una scelta che ha del tragico. Con nidi e scuole chiuse, i bambini hanno bisogno di un genitore che stia a casa con loro. Ma una madre single che rimane a casa rischia lo sfratto e la fame: senza uno stipendio, non si può pagare l’affitto e nemmeno fare la spesa. Questi rischi sono molto più pressanti per chi vive in povertà lavorativa, ma con il continuare delle misure restrittive, anche chi ha un lavoro d’ufficio si ritroverà senza stipendio se non è in grado di lavorare. Andare a lavoro, se si riesce a trovare una babysitter, pone ora una minaccia fisica non solo alla madre ma anche ai bambini.

Sebbene il compromesso fra sicurezza personale e busta paga ora si ponga a moltǝ lavoratorǝ, le madri single devono affrontare una scelta particolarmente difficile a causa dei figli. Gli esperti in traumi infantili dicono che la pandemia ha causato un importante stress ai bambini: la quarantena ha sconvolto la loro routine e in alcuni posti non possono nemmeno giocare all’aria aperta. Al tempo stesso l’obbligo di rimanere nella propria casa li ha isolati dalle loro amicizie, dagli insegnanti e dai membri delle famiglie allargate. In alcuni casi di affidamento condiviso, la pandemia ha separato i figli dal genitore non convivente.

Dal punto di vista degli adulti, questi sconvolgimenti sembrano piccoli e temporanei. Di sicuro i bambini saranno contenti di saltare la scuola e godersi qualche ora in più di televisione. E, alla fine, siamo noi adulti a doverci preoccupare delle cose importanti, come il lavoro e portare a casa il pane. Ma dal punto di vista di un bambino, gli stravolgimenti causati dalla quarantena non sono qualcosa di trascurabile. Il cervello e il corpo dei bambini piccoli si stanno ancora sviluppando e hanno bisogno di una routine stabile e di una stimolazione produttiva. I ragazzi e le ragazze, invece, potrebbero rimanere molto turbati dalla minaccia che il COVID-19 pone alle loro famiglie e a loro stessi.

Il virus non è nemmeno una fugace esperienza stressante che per forza di cose scomparirà quando la forza dell’ondata pandemica verrà meno fra un anno o diciotto mesi. Alcuni bambini non riporteranno nessun tipo di danno, ma gli esperti che si occupano di trauma dicono che altri potrebbero subire cambiamenti di natura biologica che metterebbero la loro salute fisica e mentale a rischio nel lungo periodo. Come ci spiega l’Harvard Center for the Developing Child, prestigioso centro di ricerca che si occupa dei bambini nell’età dello sviluppo:

Lo stress tossico può presentarsi quando un bambino fa esperienza di avversità forti, frequenti e/o prolungate nel tempo – come ad esempio abuso fisico o emotivo, negligenza prolungata, abuso di droga o malattia mentale del tutore, esposizione a violenza e/o situazione economica familiare drammatica–  senza il sostegno di un adulto.
Questo tipo di attivazione prolungata della risposta sistemica allo stress può eventualmente danneggiare lo sviluppo della rete neurale e di altri organi, e aumentare il rischio di contrarre disturbi da stress e disturbi cognitivi, anche nell’età adulta. 

Il miglior fattore di prevenzione nonché rimedio per i bambini che affrontano un periodo di stress sono le cure amorevoli dei genitori su cui poter fare sempre affidamento. A volte pensiamo che la resilienza sia innata, un tratto caratteriale che semplicemente alcune persone hanno e altre no. Ma gli studi dimostrano che la resilienza nei minori è intrinsecamente connessa alle attenzioni dei genitori:

Il fattore più comune fra i bambini che sviluppano la resilienza è avere almeno una relazione stabile e di mutua fiducia con un genitore, un tutore o un altro adulto. Queste relazioni fanno sì che il bambino acquisisca ricettività personale, scaffolding (ndT termine usato in psicologia e pedagogia per indicare una strategia di apprendimento, in cui una persona più esperta ne aiuta un’altra meno esperta) e protezione che impediscono l’arresto dello sviluppo. Riescono anche a fornire capacità chiave come la pianificazione, l’autocontrollo e l’osservazione che fanno sì che i bambini possano adattarsi e avere successo. 

Sebbene le cure dei genitori possano essere supplementate dalle attenzioni di insegnanti e operatori sociali, queste ultime dovrebbero comunque essere affettuose, personalizzate e sistematiche rispettando i bisogni individuali di ogni bambino. Purtroppo però questo tipo di supporto è difficile da trovare ed è anche difficile poterselo permettere in tempi di abbondanza, durante una pandemia globale potrebbe diventare quasi impossibile.

«Quindi i dilemmi posti dalla pandemia diventano particolarmente gravi per le madri single e i loro figli. Stare a casa potrebbe non essere fattibile dal punto di vista economico ma lasciare casa per andare a lavorare potrebbe non essere ugualmente fattibile senza scuole e senza supporto.»

Quindi i dilemmi posti dalla pandemia diventano particolarmente gravi per le madri single e i loro figli. Stare a casa potrebbe non essere fattibile dal punto di vista economico ma lasciare casa per andare a lavorare potrebbe non essere ugualmente fattibile senza scuole e senza supporto. Le misure restrittive anti-covid inoltre potrebbero rendere particolarmente difficile, se non impossibile, ripiegare sul supporto di amici e parenti.

In alcuni stati e in alcune città, si è iniziato a fornire alle lavoratrici di settori considerati essenziali un aiuto d’emergenza per gestire i figli a casa. Ma questi sforzi ricadranno probabilmente tra quelli sottoposti ad obbligo fiscale. Tenendo conto solo delle lavoratrici sanitarie coinvolte nella lotta contro il covid, si ha l’incredibile cifra di quattro milioni di genitori con figli minori di 14 anni. Le misure emergenziali limitate nel tempo non potranno rimpiazzare il ruolo di scuole, asili nido, e doposcuola estivi per il ben più alto numero di bambini i cui genitori dovranno tornare a lavorare per poter arrivare a fine mese. 

Il punto non è semplicemente sottolineare le difficoltà economiche che le famiglie hanno subito a causa della pandemia. Sebbene questo sia indubbiamente vero, il problema è più radicale: è questione di equità sociale. La società dipende dal lavoro non pagato e invisibile dei genitori, per lo più delle madri, che si prendono cura dei propri figli e li proteggono dallo stress e dai traumi. Oggi, con le scuole chiuse, le mamme sono costrette a diventare anche insegnanti, e la maggior parte di loro lo farà mettendo il benessere dei propri figli al primo posto e facendo qualsiasi sacrificio lavorativo e finanziario sia necessario: perché questo è quello che fanno le mamme.

Ma una società equa dovrebbe premiare anziché punire le persone che sono disposte a sacrificarsi per il bene comune. Tutti abbiamo interesse a veder crescere al meglio la prossima generazione. Il trauma della pandemia è reale per i bambini così come lo è il senso di protezione dato dai genitori. Quando le mamme si sacrificano per i propri figli, stanno svolgendo un ruolo sociale cardine che permette al resto di noi di continuare la nostra vita senza doverci preoccupare di accudire i più piccoli e i vulnerabili. 

Una politica giusta riconoscerebbe che il peso della gestione familiare colpisce in modo maggiore i genitori di bambini piccoli e, in particolare, le mamme. Ma fino ad ora, il Congresso ha deciso di concentrarsi, come del resto fece durante la crisi del 2008, sulle aziende. Dalle compagnie aeree ai ristoranti, tutti si sono messi in fila a chiedere ristori, mentre i bonus per le famiglie sono stati pochi, temporanei e parziali. 

A onor di cronaca, alcune misure per le aziende porteranno beneficio anche alle mamme, ma solo in modo parziale e indiretto. Il Paycheck Protection Program, un prestito concesso dal governo americano alle piccole imprese per garantire lo stipendio ai dipendenti, è ben lontano dall’essere una garanzia universale lavorativa e il sussidio di disoccupazione lo ricevono alcuni ma non copre tutti i genitori che hanno perso il lavoro: infatti, molti dipendenti rimangono esclusi dal sussidio in quanto non hanno lavorato abbastanza a lungo nella stessa posizione o avevano un contratto part-time. L’assegno una tantum di 1200 dollari per adulto e 500 dollari per bambino ha dato sollievo alle famiglie, ma solo nel breve periodo. Persino il Family Leave Program, che permette ad alcuni dipendenti di prendere un’aspettativa non pagata di massimo 12 settimane senza perdere il posto di lavoro, nonostante sia stato rivisto ed esteso non riesce a coprire diverse categorie di persone: le nuove regole prevedono che venga pagata una parte dell’aspettativa fino al raggiungimento di un massimo di 12 settimane ai genitori che si devono assentare dal lavoro per prendersi cura dei figli, ma molti genitori non potranno comunque usufruirne perché le aziende non sono obbligate a fornire questo aiuto.

Un approccio migliore sarebbe stato quello di dare i bonus direttamente alle famiglie e non indirettamente attraverso le aziende. Il reddito di base universale per la durata della pandemia darebbe sicurezza economica e sarebbe molto più semplice da erogare. Per sostenere le famiglie in difficoltà economica il reddito di base potrebbe includere un ulteriore reddito aggiuntivo destinato alle famiglie con bambini piccoli, e a chiunque si debba occupare di persone non autosufficienti.

Il reddito universale è una misura che è stata recentemente caldeggiata dal candidato presidente Andrew Yang come risposta alla disoccupazione causata dall’automazione, ma ha una storia lunga e distinta che potrebbe rivelarsi di particolare valore per le madri. Universalità significa che tutte le famiglie ricevono il denaro, in netto contrasto con il Paycheck Protection Program e il sussidio di disoccupazione che invece prevedono una copertura a macchie di leopardo. Con il reddito di base, se sei un essere umano, ricevi il denaro, e se hai dei bambini o ti prendi cura di persone non autosufficienti, hai diritto a una somma maggiore.

La liquidità procurata dal reddito di base è particolarmente importante per le famiglie perché permette ai genitori di compiere delle scelte in base alla propria situazione personale. Alcuni userebbero i soldi per pagare una babysitter e poter tornare al lavoro. Altri li userebbero per poter stare a casa con i figli. Prendere la giusta decisione in questo caso dipende da fattori strettamente personali, come il tipo di lavoro svolto dai genitori, i bisogni e l’età dei bambini e il tipo di aiuto famigliare disponibile. Questo è esattamente il tipo di scelte che la società lascia alla discrezione dei genitori, principalmente le madri, perché metteranno i figli al primo posto. 

Sebbene il reddito di base potrebbe sembrare una cifra ridicola ad alcuni, per esempio 1000 dollari al mese, costituirebbe una base di sicurezza economica per genitori single con figli a carico e per coppie sposate con un reddito basso. I bambini traggono enormi benefici dalla stabilità famigliare, e un reddito universale potrebbe direttamente contribuire a creare un’entrata fissa che abbasserebbe il livello di stress dei genitori e permetterebbe loro una pianificazione nel lungo periodo.

Certamente una misura del genere sarebbe costosa: con venticinque milioni di famiglie con figli minori di 12 anni un reddito di base, anche solo di 1000 dollari al mese, dato sia alle coppie sposate che ai genitori single verrebbe a costare 300 miliardi all’anno. Rendere il reddito progressivo in base al salario percepito ridurrebbe le spese (anche se renderebbe più complessa l’erogazione). Nonostante numeri come quelli appena citati siano sbalorditivi, sono in linea con la portata dei ristori che sono già stati erogati. Il primo pacchetto di aiuti per fronteggiare il coronavirus è costato duemila miliardi di dollari e si sta tutt’ora negoziando per implementare questa cifra.

Mentre le piccole e grandi aziende chiedono in coro soldi allo Stato, il Congresso dovrebbe accorgersi dei genitori, per lo più le madri, che stanno svolgendo uno dei compiti più importanti della nostra società: prendersi cura della generazione futura.

L’autrice di questo articolo è Ann L. Alstott, professoressa di diritto tributario all’università di Yale. L’articolo è stato pubblicato su The Boston Review e lo potete trovare in lingua originale qui.

Traduzione a cura di: <a href="https://www.ilfemminismotradotto.it/author/erica/" target="_self">Erica Francia</a>

Traduzione a cura di: Erica Francia

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